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ORIGINI:
L’Agopornis taranta è originario dell’Etiopia e vive nelle contrade montuose
dell’Abissinia dove può raggiungere i 3.000 metri d'altitudine e ogni tanto
scende a quote più basse per nutrirsi di fichi.
DESCRIZIONE:
E il più grande degli Inseparabili e può misurare sino a 18 cm. Il maschio ha la
fronte e il contorno degli occhi rosso vivo; il resto del corpo è verde; la sotto ala
è nero; all’estremità della coda si trova una macchia nera; il becco è rosso, le
zampe grigie e gli occhi neri.
La femmina non presenta la fronte rossa e il suo piumaggio è interamente
verde, anche il sotto ala.
I giovani hanno il becco giallo e il loro piumaggio e molto simile a quello della
femmina; si può pero distinguerne il sesso analizzando la sotto ala che nei
maschi è nera.
E un peccato di trovarne così pochi presso gli allevatori, perché, quando è in
buone condizioni è un pappagallo magnifico, sia come portamento, sia come
docilità e non è rumoroso. E un uccello che deve assolutamente essere allevato
al fine di creare dei ceppi solidi.
ALLEVAMENTO IN CATTIVITA
Correva l’anno 1996 e dopo aver fatto una certa esperienza con altri
inseparabili, decido di allevare il Taranta, un pappagallo di difficile
reperibilità presso gli allevatori e i commercianti. Verso il mese di settembre,
dell’anno 1996, mi telefona un commerciante e mi dichiara di essere in possesso
di una coppia Svizzera, che, naturalmente due ore dopo si trovava già nel mio
allevamento.
Qui comincia la mia avventura affascinante con i taranta e ieri, dopo aver
venduto tutti gli altri inseparabili, oggi posseggo 7 coppie in produzione che mi
hanno regalato 23 giovani di cui 10 femmine e 13 maschi.
Una delle difficoltà che ho riscontrato, è stata quella di trovare sul mercato
dei pezzi appena sufficienti, al fine di disporre di un discreto numero di coppie
per allevare in purezza questo magnifico uccello.
AMBIENTE
Il mio allevamento è composto di due vani, un adibito alla riproduzione e
misura 7,00 x 5,00 con ampie vetrate su due lati ben arieggiato e soleggiato. Le
gabbie sono disposte su scaffalature di ferro e misurano 1,20 x 0,50 x 0,50 e si
fronteggiano, due a due, sul lato più lungo in modo da creare blocchi di gabbie
da otto elementi per un totale di 16 gabbie da cova e dieci piccole voliere per i
giovani. La stanza dispone di un impianto d'aspirazione e di depurazione
dell’aria e di un apparecchio d’alba e tramonto. Il secondo vano che misura
3,00 x 2,50 è adibito a zona di quarantena e magazzino granaglie.
SCELTA DEI RIPRODUTTORI
La scelta degli uccelli dovrebbe avvenire in un allevamento, che abbia già
depurato nel suo interno, i difetti, dovuti a questa specie, in modo di avere dei
riproduttori non portatori. Se questo non è possibile, bisogna fare delle
verifiche sul campo e qui di seguito vorrei dare alcuni consigli pratici:
1)
Sostituire, tutti i maschi che spiumano i piccoli e le femmine che lasciano
morire in parte o tutta la covata.
2)
Scegliere dei soggetti giovani che abbiano, già superato gli otto mesi di
vita.
3)
Le coppie devono essere mansuete e ben acclimatate e devono convivere
almeno un anno, prima di riprodursi.
4)
Non fare riprodurre il Taranta prima dei due anni e mai più di una volta
in un anno.
5)
Ogni coppia deve essere alloggiata da sola, ma interagire con le altre sia
in
maniera visiva che sonora.
RIPRODUZIONE
Verso i primi giorni del mese d’Ottobre, comincio a predisporre i nidi sulle
gabbie e già dopo alcuni giorni, i maschi, cominciano la loro parata nuziale che
si compone di girotondi sul posatoio con emissione di grida acute, mentre, le
femmine cominciano a visitare in maniera sempre più frequente il nido.
Dopo circa 30; 40 giorni è deposto il primo uovo e a date alterne gli altri, fino
ad un massimo di cinque; la femmina comincia a covare dopo la deposizione
del secondo uovo. La cova è condotta dalla sola femmina e può durare dai 23 ai
25 giorni e dipende della temperatura e dall’umidità dell’ambiente. I pullus
nascono ricoperti da un piumino e il loro sviluppo è molto lento.Essi aprono gli
occhi dopo circa tredici giorni, vanno anelati entro il nono e il decimo giorno e
abbandonano il nido dopo circa sette settimane dalla nascita.
Dopo l’uscita dal nido dell’ultimo nato, rimuovo immediatamente il nido e
lascio ancora i giovani per circa trenta giorni con i genitori. I giovani maschi
cominciano già a far intravedere qualche piumetta rossa, intorno al quarto
mese, anche se dovremmo aspettare altre sedici settimane perché assumano i
colori dell’adulto. Dopo gli otto mesi di vita bado a separare i maschi dalle
femmine per evitare dispute, anche se non ho mai notato particolare
aggressività tra i giovani. Reputo fondamentale nello svezzamento dei giovani
la funzione dell’Allevatore, che deve, oltre a curare in maniera particolare
l’alimentazione, anche interagire con ogni singolo soggetto, in modo da avere,
in futuro, dei buoni riproduttori; il classico pinolo è un ottimo sistema. Voglio
ricordarlo ancora una volta che, solo con soggetti perfettamente domestici, si
potranno ottenere buoni risultati riproduttivi. In questo delicato periodo, oltre
alla normale alimentazione, lascio a disposizione, sempre, il pastoncino,
integrato al 10% x Kg. con lievito di birra, per sopperire al maggiore
fabbisogno di vitamina B di questi inseparabili, soprattutto nei periodi più
delicati della loro vita, quali, muta e crescita.
IL NIDO E DINTORNI
Dopo varie sperimentazioni, ho preferito un nido a doppia camera dalle
dimensioni di cm. 25 x 25 x 18 di profondità, con foro d’ingresso da 5 cm. posto
a tre cm. dal soffitto. La prima camera, leggermente più piccola rispetto alla
seconda, che io chiamo di decompressione, è molto utile, perché, rallenta e
protegge tutte le attività che si svolgono nella seconda. Imbottisco la seconda
camera con materiale misto; Sisal Cotone ecc. (confezioni già preparate, che si
trovano presso i rivenditori d'animali) per un'altezza di circa 10 cm.
La femmina, comincerà a lavorare il
materiale, portandone una buona parte fuori dal nido, dove, io provvedo ad
eliminarlo; quando cesserà quest'operazione é pronta alla deposizione delle
uova. Un altro segno di deposizione imminente, è la presenza nel nido di piume,
che la femmina si strappa dal petto.
ALIMENTAZIONE
Avendo a disposizione un’unica specie, ho posto tante mangiatoie, quanti
sono i diversi tipi di semi. Dopo un mese di sperimentazione, su quattro coppie,
ho formulato il seguente miscuglio:
1) Miglio Rosso 10% 12) Niger 5%
2) Miglio Bianco 10%
3) Miglio Giallo 5%
4) Miglio Giapponese 5%
5) Avena Decort. 10%
6) Frumento 10%
7) Grano Saraceno 10%
8) Cartamo 10%
9) Canapa 10%
10) Perilla 10%
11) Lino 5%
Durante i mesi invernali e nel periodo riproduttivo, aggiungo, due volte la
settimana dei semi di Girasole.
Oltre al normale miscuglio di semi, aggiungo; tre volte la settimana uno
spicchio di mela, quattro volte dei fichi secchi e due volte dei germinati.
Somministro ai miei Taranta, solo pastoncino secco; due volte la settimana, nel
periodo di riposo, mentre durante l’allevamento, tutti i giorni, integrato, con
farina di soia, caseina e germe di grano, sino a portare il suo valore proteico ad
una percentuale del 35 – 40%.
OSERVAZIONI
Nell’anno in corso ad una coppia, ho somministrato, tutti i giorni nell’acqua da
bere ½ grammo di Nekton K mentre stava allevando i piccoli.
Mancavano, pochi giorni, alla loro uscita dal nido e una mattina, notai, con
grande stupore, che la femmina aveva ucciso nel nido, maschio e quattro
novelli. La accoppiai
subito, con un altro maschio e mi allevò senza problemi tre giovani.
Un mio amico allevatore, l’anno scorso, mi acquistò una coppia e la mise in una
piccola voliera all’aperto. I Taranta riprodussero tranquillamente in pieno
inverno e allevarono tre piccoli che poi si dimostrarono tre femmine.
In questo mio articolo, voglio ringraziare, il Sign. Vignolo Roberto per i suoi
preziosi consigli e per la disponibilità dimostratami e questo mio scritto, vuole
essere, anche un invito ai tanti allevatori di cimentarsi all’allevamento del
Taranta.
Testo di Gex Corrado.
Agapornis Taranta
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